martedì 24 dicembre 2013

CINEMA
L'assassino... è al telefono

Titolo originale L'assassino... è al telefono
Paese di produzione Italia, Belgio
Anno 1972
Durata 105 min
Regia Alberto De Martino
Sceneggiatura Adriano Bolzoni, Alberto De Martino, Renato Izzo, Lorenzo Manning, Vincenzo Mannino
Fotografia Joe D'amato
Montaggio Otello Colangeli
Musiche Stelvio Cipriani
Costumi Enrico Sabbatini
Cast Telly Savalas, Anne Heywood, Osvaldo Ruggeri, Giorgio Piazza, Willeke von Ammelrooy, Rossella Falk, Antonio Guidi, Roger Van Hool, Ada Pometti, Alessandro Perrella, Marc Audier, Piet Balfoort, Georges Bossair, Sandra L. Brennan, Suzy Falk, Leonardo Scavino, Serge-Henri Valcke

Per amnesia si intende la mancanza o la perdita della memoria, soprattutto come incapacità a rievocare esperienze passate. Nel linguaggio della neuropsicologia si distinguono l'amnesia 'anterograda' e quella 'retrograda' o 'retroattiva'. Si parla di amnesia anterograda quando la perdita dei ricordi è relativa a eventi che si sono verificati dopo un trauma cranico o dopo una malattia, il che implica l'incapacità di memorizzare nuove esperienze. L'amnesia retrograda si riferisce invece a eventi precedenti il trauma o la malattia i quali hanno provocato la perdita dei ricordi, un vero e proprio 'buco' nella memoria. (Enciclopedia Treccani)

Quella che affligge Eleanor, protagonista della pellicola del 1972 di Alberto de Martino, sembra essere un mix dei due tipi di amnesia sopra citati: da una parte la donna perde completamente coscienza degli eventi accaduti in seguito al trauma subito per la morte del suo compagno Peter, dall'altra stenta a ricordare i fatti accaduti in concomitanza o immediatamente precedenti alla tragedia. E fatica a richiamare alla memoria anche il volto misterioso dell'individuo che la perseguita incessantemente nella città di Bruges, armato di coltellino a serramanico. Quanti tasselli di un immaginario puzzle dovrà raccogliere per riuscire a ricomporre il quadro? E a quale prezzo? Chi sono le persone che la circondano? Quale ruolo hanno svolto all'interno della vicenda?

Il compito non è sicuramente facile: catturare lo spettatore in un'intricata matassa per 99 minuti senza perdere il filo. L'obiettivo riesce solo in parte. Se da un lato è affascinante l'espediente utilizzato dal regista, che tende la mano al pubblico e lo accompagna nella ricostruzione del passato di Eleanor mentre la donna ricompone le tessere della sua complicata esistenza (una sorta di Memento ante litteram), dall'altra gli inseguimenti e gli attentati subiti dalla protagonista nella incantevole cornice della cittadina belga risultano a tratti lenti, forse addirittura estenuanti e sicuramente non coadiuvati dal tema principale del film, firmato da Stelvio Cipriani, riproposto a intervalli medi di 5 minuti per l'intera durata del lungometraggio. Come in moltissimi altri esempi della nostra cinematografia del brivido, torna anche qui l'omaggio a Hitchcock, nella sequenza pre-finale ambientata sul palcoscenico di un teatro.
Sicuramente raffinate, eleganti e calibrate le performance di Anne Heywood, celebrità hollywoodiana già protagonista di quel La volpe che scopriremo avere più punti in comune con questo film, e di Telly Savalas, non ancora Kojak, splendidamente inquietante nel ruolo del sicario Ranko (lo stesso anno verrà chiamato da Mario Bava per incarnare il Male assoluto nel celeberrimo Lisa e il diavolo). Rossella Falk, regina incontrastata del teatro e degli sceneggiati televisivi, offre l'ennesima prova di bravura in un ruolo ambiguo, perfido, galvanizzante.
Un esperimento interessante, a tratti riuscito, ma in parte penalizzato da alcuni passaggi estremamente tediosi e da un finale lasciato forse troppo in balia di se stesso.

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